L’area archeologica di Masainas, di pertinenza della provincia di Carbonia - Iglesias si estende per un’area di circa 22 kmq comprendendo perciò tutta la superficie amministrativa di competenza del Comune. Le pertinenze archeologiche relative all’antico cantone nuragico non ancora adeguatamente indagato, si estendono anche al di fuori dei confini comunali su una vasta area pertinente ai Comuni di Giba, Sant’Anna Arresi e Tratalias comunque nel territorio ricadente sotto la Soprintendenza Archeologica per la Provincia di Cagliari. Malgrado la sua antichissima straordinaria vitalità e i passi avanti compiuti in questi ultimi anni attraverso la ricerca e lo studio relativo alla civiltà nuragica, la sua valorizzazione storico artistica rimane un traguardo tuttora da raggiungere.
Masainas nella storia.
Masainas è un comune di 1.353 abitanti della provincia di Carbonia - Iglesias che si trova nella parte della sub-regione del Sulcis -Iglesiente denominata Sulcis. La vita nell’agro di Masainas ha origini antiche risalenti al Neolitico, dati i rinvenimenti di ceramiche sparse nell’insediamento preistorico scoperto nella zona di Is Solinas. La frequentazione del territorio masese non è di certo occasionale, tanto che nella regione risulta esistere ed essere attiva anche un’altra già conosciuta stazione prenuragica: “Campu de Pisanu” coincidente con le frequentazioni di ambienti prossimi al mare da parte delle popolazioni del Neolitico Antico sardo. Le emergenze archeologiche della stazione si concretizzano in una considerevole quantità di strumenti litici e una considerevole produzione ceramica oltreché abbondanti resti di pasto individuabili tra frammenti ossei di animali e importanti quantità di bivalve “Cardium”. La consistenza del fittile unita alle forme utensili litiche ci mostra un excursus temporale che spazia dal Neolitico Antico (6000 a.C.), attraverso la ceramica ad impressione cardiale e i frammenti di ossidiana resi con la tecnica del microbulino, le mazze litiche in basalto, sino all’epoca del rame, individuabile per le ceramiche di cultura “Monte Claro” (2400 - 2100 a.C) dove compaiono le solcature orizzontali tipiche della facies. La continuità culturale e insediativa, durante le Età del Bronzo, del contesto specifico è testimoniata dalla presenza, nell’immediato intorno, di diversi impianti a nuraghe (Nuraghe Arramini, Nuraghe Mesu, Nuraghe Fais, Nuraghe Sa Reina) una fonte (Mitza Arramini). La sorgente di Mitza Arramini si compone di due settori: il primo pochi metri più a monte dove fuoriesce la vena sorgiva e il secondo in prossimità della strada sbocca in una vasca ellittica ricavata nel calcare. La forma irregolare ne suggerisce che l’uso e la conoscenza fossero ben più arcaiche dell’Età dei Nuraghi e si possano ricondurre all’Età della Pietra. Ora la sorgente è in disuso per l’esistenza di pozzi moderni ma l’abbondante consistenza ceramica nei dintorni ne testimonia l’intensa attività. Nelle immediate vicinanze sorge il Nuraghe Arramini, in posizione pedemontana e in stretto collegamento con numerosi altri torrioni, l’edificio voltato con un toponimo di richiamo cuprifero dove sono individuabili chiaramente la torre centrale e una torre secondaria purtroppo ancora sigillate da depositi eolici e agricoli per mancanza di indagini approfondite. Nelle immediate vicinanze, in direzione SE è individuabile, il residuo dell’ampio villaggio facente capo al Nuraghe. La Media Età del Bronzo, nel territorio di Masainas, risulta essere ampiamente documentata sia attraverso i sopra citati monumenti sia da diversi altri: N. S’Ega e’ sa Mongia, N. Punta Accuzza, N. de Is Frois, N. Cambulas, probabilmente facenti capo ad un unico cantone sviluppatosi concentricamente nella piana, solo per citarne alcuni dei numerosi edifici turriti sparsi in un così esiguo territorio di circa 22 kmq. Le strutture appena elencate si mostrano, sotto l’aspetto formale, tutte complesse tranne poche tra le quali segnaliamo il Cambulas, il Sa Reina. Mentre tra i torrioni complessi è d’obbligo citare appunto il Nuraghe Punta Accuzza, sia perché capolinea di un percorso turistico sia per la complessità e la collocazione geografica: sopra una cima di 300 mt s.l.m. a chiudere un antico bacino minerario.
Il complesso di Punta Accuzza, costituito da almeno due livelli è collocato sopra una cima di 302 mt s.l.m. e domina, insieme al dirimpettaio Nuraghe di Punta Giara, l’accesso all’area mineraria del basso Sulcis detta Serra Sa Laccana. Dai rinvenimenti superficiali si osservano numerose mazze in basalto dalle dimensioni poderose che sottintendono ad un’attività estrattiva di tutto riguardo. La struttura, per via dell’assenza di indagini accurate, pare di difficile lettura e mostra particolari chiari esclusivamente ad un’osservazione aerea. Si può riassumere in un mastio A a cui si addossano prima due torri secondarie tangenti: una a nord e l’altra a sud, a cui successivamente venne aggiunta un’ulteriore torre a sud ad una quota più bassa. L’impianto pare circondato da un antemurale con almeno due torri se non tre: a NE, a N, a S.
Ancora tra i nuraghi complessi, ma posti ad una quota nettamente inferiore rispetto al precedente, troviamo due complessi appaiati a controllare l’accesso a nord alla piana masese: il Nuraghe Fais e il neorinvenuto Nuraghe S’Ega sa Mongia.
Il complesso polilobato denominato Nuraghe Fais, reso in trachite e basalto bolloso, si presenta costituito da un mastio, che per comodità definiremo A, raccordato a due torri secondarie che per comodità definiremo B e C, attraverso una cortina muraria. Alcuni studi individuano una torre secondaria anteriore al mastio, altri ancora ne individuano addirittura due definendo il complesso quadrilobato ad addizione concentrica, ma data la potenza del crollo pare prematuro esagerare su dimensioni non pienamente rilevabili. Il mastio, di cui si intuisce pienamente il profilo, residua con un diametro di circa 10 mt e si eleva per circa 3 mt dall’attuale piano di campagna ma probabilmente avanza ancora di qualche metro sotto il terreno. Si ipotizza ciò in virtù del fatto che, a seguito di un’osservazione satellitare, il versante settentrionale sia circondato da un anello di macigni - un probabile antemurale, tale da far supporre l’esistenza di un cortile settentrionale ancora da indagare. Il bastione, posto ad addizione frontale, venne probabilmente creato in una seconda fase edilizia collocabile attorno al 1300 a.C.. Si presenta rivolto a SE e le due torri secondarie si sviluppano: B in direzione SW e C in direzione NE. L’estensione del bastione risulta di circa 33 mt lungo la direzione dei 53°. Il modello strutturale ricorda fortemente simili del Logudoro quale l’Orolo di Bortigali o il Santa Barbara di Macomer. L’intorno non è assolutamente povero dal punto di vista archeologico. Procedendo in direzione 231°, a circa 30 mt, la visione satellitare evidenzia la presenza di un pozzo, mentre muovendo in direzione 272°, sempre tenendo come punto di riferimento il nuraghe, dopo circa 150 si giunge ad un “isolato”, probabilmente creato attorno all’anno 1000 a.C., ancora da portare alla luce. Da quest’ultimo punto avanzando in direzione 352° per circa 52 mt si rinviene un altro “isolato” anch’esso da indagare. Le due strutture ad isolato distano circa 90 mt dal corso d’acqua denominato Sa scei de S’Ega e’ Sa mongia e circa 290 mt dal Nuraghe S’Ega ‘e sa Mongia.
Il nuovo rinvenimento nominato come Nuraghe S’Ega sa Mongia, sorge sopra una mezza collina di circa 90 mt s.l.m. separata dal complesso Fais da un canalone (Sa Scei) dove si concentrano le acque piovane provenienti dai pendii prospicienti. Considerati i depositi di arenaria delle sponde è probabile che questo rigagnolo d’acqua fosse anticamente più consistente. Una visione d’insieme, che consideri persino il vicinissimo Nuraghe Cambulas e il Nuraghe Mussa Mei, ci mostra delle strutture che cingono la fertile piana in particolar modo evidenziano la presenza di una via d’accesso dalla pliniana piana “Sulcense” verso il Basso Sulcis e la piana di Masainas. L’elemento costruttivo dell’edificio, di cui affiora per alcuni metri la sommità del mastio A e alcuni profili murari, è l’andesite basaltica. Un folto macchione di lentischio avvolge la parte emersa della struttura mostrando un profilo curvilineo del bastione che, dalle immagini satellitari, si intuisce perlomeno polilobato data l’addizione di almeno due corpi secondari: uno a NNW e l’altro a NNE.
Come zona del Sulcis, Masainas, venne a contatto con civiltà mediterranee come quella Egiziana e Cartaginese. Si ha infatti notizia che i soldati sardi venivano chiamati “Shardana” dagli Egiziani. Fu interessata anche da penetrazioni romane tra il III e il II sec.a.C. in seguito alla conquista di Sulci. Sono stati infatti ritrovati tra Masainas e Giba dei resti che fanno pensare ad una fabbrica di utensili di terracotta risalenti al periodo della penetrazione romana nell'entroterra sarda. Da scavi fortuiti sono stati ritrovati dei sarcofaghi in pietra risalenti all'età tardo-antica e la particolarità è che queste sepolture sono state fatte nel terreno sabbioso e per questo uniche in Sardegna. Sempre in località “Is Manigas” sono state trovate delle monete che, come dicono gli anziani, erano “coronasa de alloru”. In località “Serra lepuris” sono state trovate due tombe scavate nella roccia, fatte a sepolcro e chiuse da una grossa pietra. Gran parte dei reperti ritrovati nel territorio comunale si trova ora al museo archeologico di Cagliari e per il momento non sono stati né quantificati né valorizzati.
Il centro abitato, inizialmente un “medau”, casale, poi divenuto boddeu, insieme di casali, si sviluppò attorno ad una chiesetta dedicata a San Giovanni Battista, verso la fine del 1700, in un territorio comunale prevalentemente pianeggiante, solcato da diversi ruscelli e rivi che terminano nel Golfo di Palmas, l’antico Sulcitanum Portus. Masainas è un paese sicuramente antico, ma non esistono notizie storiche precise sull'origine. Il significato del nome non si conosce, ma su di esso vi sono due versioni: la prima fa derivare il nome da “Malas Ainas” che significa malefatte e sarebbe ricollegabile alle continue scorrerie e omicidi che venivano compiuti nel territorio. L'altra, invece, farebbe derivare il nome dal sostantivo sumerico “Mas” che significa capra e indicherebbe una zona ricca di bestiame. L'abitato si sviluppò in maniera considerevole attorno ad una chiesetta dedicata a San Giovanni Battista, la quale oggi è l'unico monumento fruibile di particolare rilievo. In origine si presentava strutturalmente più piccola e il nucleo originario tuttora è inglobato nell’edificio attuale ed è trasformato in “cappella interna”. Pare verosimile elaborare che la struttura abbia subito l'influsso gotico-aragonese e in questo caso risalirebbe al 1500 o al 1600. Ma per i più attenti osservatori, dei particolari suggerirebbero influssi di origine romanica tali da permettere di inquadrare la chiesa arcaica attorno all’anno 1000. Se questa chiesa si può far risalire circa all'anno 1000 e l'abitato di Masainas successivo ad essa, si sa per certo che nel 1820 le testimonianze scritte descrivono il paese come un centro piuttosto attivo e ricco per la sua florida agricoltura e pastorizia. Infatti, grazie al vasto territorio pianeggiante e fertile, si contava una grossa presenza di agricoltori e pastori locali, nonché transumanti dal Nuorese e dall’Iglesiente. Di sicuro si sa che nel 1839 Masainas era il più grosso centro abitato della zona contando 447 famiglie e 1806 abitanti e che seguì le sorti del marchesato di Palmas affidato a Gioacchino Bon Preschi di Valdura, ultimo a fregiarsi di titolo nobiliare su queste terre. Masainas, come pure Villarios e Giba fu terra di predicazione da parte di monaci benedettini di San Vittore di Marsiglia (1200 circa) che costruirono dei monasteri (gunventus) a cui ancor oggi si riferisce la denominazione di territorio comunale (Su gunventu).