L’area archeologica emersa, a partire dal 1983, nel cuore del tessuto urbano moderno di Sant’Antioco conserva un prezioso spaccato dell’insediamento umano nell’antica Sulky. Gli scavi allora condotti rivelarono infatti una potente stratigrafia che conservava in successione, a partire dal basso, le testimonianze di un insediamento di capanne del Neolitico, la sovrapposizione dell’abitato fenicio e, alla sommità, la ristrutturazione urbana della città nella prima età imperiale romana: uno spaccato di storia che si distende dal 3.000 al I sec. d.C.
I ruderi immediatamente visibili appartengono a quest’ultima fase: due strade, che si incrociano in senso ortogonale, individuano un insieme di case di abitazione e di edifici di rappresentanza pubblica che si dispongono, con sistemazione a gradoni, ai lati del tracciato viario. Al di sotto dell’impianto del quartiere di età romana, le indagini hanno rivelato i ruderi consistenti dell’abitato fenicio, di età molto antica, risalente all’VIII sec. a.C.; la stessa viabilità romana riprende un tracciato stradale più antico, in uso in età fenicia.
Il nucleo meglio conservato di questo insediamento, che è certamente all’origine dell’abitato fenicio di Sulky, si trova nel settore III, dove sono tuttora visibili una serie di ambienti delimitati da muri con pietre irregolari e con pavimenti in terra battuta mescolata a scaglie di tufo, forniti di siloi, di pozzi e di cisterne. I nuovi scavi hanno finora individuato alcuni interessanti ambienti di età romana che conservavano ancora anfore sistemate presso le pareti e tracce forti della presenza di un luogo di culto, forse di Iside, che fa sospettare l’esistenza, negli strati inferiori fenici, ancora da indagare, di un luogo sacro precedente, verosimilmente dedicato ad Astarte.