I ponti romani occupano un posizione di primario interesse nella viabilità della Sardegna romana. Si tratta di opere d’arte della rete stradale la cui appartenenza all’architettura romana è facilmente comparabile con quelli di altre provincie, nonostante i rimaneggiamenti avutisi nei secoli. Il ponte romano di Sant’Antioco, conosciuto da tutti col nome di “Pontimannu” rappresenta, come d’altronde gli altri ponti sardi, un unicum non solo nella sua forma ma anche per la posizione sul territorio.
Differentemente dagli altri collega la terraferma con un isola e non il guado di fiumi o dislivelli. Il nome ricorda l’esistenza di altri ponti, più piccoli, che legavano l’isola di Sant’Antioco al continente sardo attraverso l’unione degli isolotti dell’attuale istmo. Della sua importanza, e della necessità di interventi di restauro, abbiamo notizie pochi anni dopo il ripopolamento.
L’Archivio di Stato di Torino conserva in fatti un fascicolo contenente il “CALCOLO formato dal R.o Misuratore Viana della spesa più necessaria per render trafficabile il Ponte antico, che congiunge l’Isola di S.t Antioco col Littorale del Regno”, datato 17 Luglio 1774.
Il famoso architetto G. Cima fece una relazione di restauro datata 13 Aprile 1839 in occasione della sua sistemazione ricorda che il ponte era in condizioni di avanzato deperimento e che le rampe avevano una pendenza troppo ripida, nonché la carreggiata che in certi punti doveva essere di sette metri era ridotta a poco meno di 3 metri. Parte della volte doveva essere ricostruita. Oggi, dopo i restauri del 1858, del 1893 e del 1920, il ponte si trova su un prato, frutto di un riempimento attuato attorno al 1940 per consentire ai mezzi militari il facile raggiungimento della banchina o il trasporto delle merci con mezzi gommati per il continente sardo, senza passare dal ponte romano. Nel 1954, con la costruzione della strada di variante, l’utilizzo del ponte venne abbandonato e divenne così un monumento e non più un mezzo scomodo per la viabilità da e per l’isola di Sant’Antioco. Nel 2006 un progetto di restauro ha consentito di conservare il monumento che rischiava il degrado irreversibile soprattutto delle sue parti più delicate quali le volte in arenaria e i parapetti, questi ultimi non più originali forse dal primo Medioevo.